Ripensare il pensiero. Lettere sul rapporto tra fede e ragione a 25 anni dalla Fides et ratio
Prefazione di Papa Francesco
Antonio Staglianò è Presidente della Pontifica Accademia di Teologia. La recentissima Lettere Apostolica in forma di “Motu proprio” di papa Francesco (01.10.2023) circa i nuovi statuti della Path (consultabile nel sito della Santa Sede) trova, in questo libro, una sua prima autorevole interpretazione.
Per superare le “guerre di religione” si separarono doverosamente la società civile e la chiesa. Questa separazione portò, però, all’opposizione tra fede e ragione, diffondendo un pregiudizio che nuoce alla ragione e non solo alla fede: “la fede crede e non deve sapere; la ragione sa e non deve credere”. Le Lettere di questo saggio su Ripensare il pensiero si propongono di smontare teoreticamente questo pregiudizio superficiale, benché radicato ormai nel linguaggio della maggioranza, anche tra i credenti. In questo lavoro di decostruzione, l’Enciclica di Giovanni Paolo II Fides et Ratio resta una pietra miliare per l’oggi. L’opera pretende segnalare la possibilità di scrivere in filosofia e in teologia in modo nuovo, attraverso Lettere: è un genere letterario impegnato a semplificare la teoresi in un linguaggio auspicabilmente più accessibile, dedicato a una comunicazione sapienziale, non per questo meno scientifica. Indirizzate a Tommaso d’Aquino come a Blaise Pascal – ma anche a Benedetto XVI come a
Papa Francesco o a filosofi quali Carmelo Ottaviano e a intellettuali viventi sul pensiero di Rosmini e su quello di Emanuele Severino –, le Lettere riprendono la questione del rapporto tra fede e ragione quale bisogno culturale per l’intelligenza e per la vita.
Se davanti all’Impensabile, la ragione si arrende a tavolino, potrebbe trovarsi poi nella condizione di non comprendere tante esperienze vitali dell’uomo: condannandole all’irrazionalità, esponendole alla credenza (non criticamente controllata) e all’opinione soggettiva, espulse dal campo del pensabile. Dal sonno della ragione nascono idolatria e ideologia. Perciò la fede è interessata a ridestare la “ragione intera” (Benedetto XVI).
La separazione moderna tra ragione e fede deriva da una “mancanza di razionalità”. Chi l’avrebbe detto! Non si perde la fede perché la ragione ne dimostrerebbe l’illusorietà, ma perché la ragione “getta la spugna” rispetto a ciò che la eccede e trascende.
Una teologia in dialogo con la filosofia, le scienze e tutti gli altri saperi dovrà farsi carico di una riflessione non negligente che sappia “ripensare il pensiero” anzitutto ristabilendo l’autentico (=giusto) rapporto tra la verità e la ragione, in una circolarità interrogante che stabilisca la giustizia della ragione, come anche la giustizia della verità: “come deve essere la ragione per essere come deve? E come deve essere la verità per essere come deve?”.
Dentro le diverse prospettive dei saperi plurali – con la legittima autonomia metodologica delle rispettive scienze –, attraverso la transdisciplinarietà, sarà necessario convergere in una scienza dell’uomo unitaria (cfr. Veritatis gaudium n.4). È questa la via indicata per aiutare l’umano dell’uomo a crescere in umanità, evitando il degrado disumanizzante della barbarie, nelle tante forme violente dell’irrazionalità. Ripensando il pensiero, la teologia ripensa sé stessa e si propone quale “Teologia sapienziale che sa di carne e di popolo”, come sottolinea la Prefazione di Papa Francesco.
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